cap 4. La leonessa.




                       Contra punctum.

 

In quel momento avemmo l’intuizione che la Sfinge che stavamo cercando era in realtà la prigione dove eravamo rinchiusi, un labirinto di parole che si trascinavano nel tempo mescolandosi alla realtà ed identificandosi con essa nella nostra mentalità.     

La figa della storia aveva abortito il rospo ed ora fremeva nell’attesa, il clitoride si era allungato,  pendeva come una proboscide oscillando lentamente ed emanava un profumo impronunciabile,  calamitante, le labbra si erano aperte a dismisura, la bocca era spalancata e le pareti grondavano liquido vaginale, una fontana le cui acque si incanalarono nell’alveo illuminando l’oscurità del percorso che avevamo seguito.

Vista nell’insieme la figura sembrava la faccia di un elefante, gli mancavano solo le zanne, il profumo era un richiamo a cui non sapevamo dare nome, qualcosa di…come quando si cerca un’idea da realizzare e si guarda da tutte le parti e poi si vede un’intuizione, un lampo! e allora associammo l’idea al cazzo ed allo spermatozoo che la figa cercava per fecondarsi in una nuova storia.

Vedevamo i tentennamenti dell’autore, aveva intuito la trappola e nello stesso tempo la non trappola, la forma del male è il bene ed i segni che componevano il codice di incertezza sembravano male e dovevano essere nominati al contrario, i segni lo spingevano a continuare e la strada volgeva verso l’assurdo più assoluto, qualcosa che non ha nome e quindi non può essere pronunciato, solo guardato, l’antitesi alla ragione umana, la forza irragionevole della bestia, la natura e la sua legge il tutto rapportato ad un villaggio di comari pettegole inglesi che cicalano sul figlio del postino, un nome senza forma, un fantasma.

L’accostamento stonava come una campana fessa in un concerto di belati pecorini ma così era e ci dovevamo vedere la forma del bene che scaturiva dal male.

Ci avvicinammo alla figa ed accarezzammo il clitoride dondolante, l’eccitazione esplose ed il flusso di liquido vaginale aumentò, ora sembrava un torrente di montagna gorgogliante di spruzzi,  buttammo i rimasugli d’abito che ancora ci vestivano e attingendo a piene mani nel liquido vivificante ci lavammo del sudiciume che ci ricopriva.

Nudi, la storia voleva l’idea, dovevamo farci belli, cioè l’idea c’era ma prima dovevamo chiarirla.

Il rabbino ed Esopo giacevano inerti sulla riva del flusso, sembravano due fantocci vuoti, due golem d’argilla in attesa della parola che li animasse, mettemmo il prete di fronte con il servo in mezzo poi staccammo una zecca ad Esopo in cima alla testa appuntita come una guglia gotica e la facemmo scoppiare tra i denti. Il sangue sprizzò riempendoci la bocca, Esopo si scosse e con voce lacrimosa disse: “Perdonatemi…” di rimando il rabbino fece avvampare l’unico occhio nel buio del cappuccio e nient’affatto pentito aggiunse: “La necessità dialettica.”   

Prendemmo la parola al balzo e ribattemmo: “Così pare, sembra un barilotto preconfezionato pieno di niente, forse un riferimento al patto che facemmo la prima volta quando eravamo rinchiusi in quella prigione egizia, forse tu ci stai usando per sapere che cosa non ha funzionato.”

Il rabbino spulciò una zecca sul petto di Esopo e se la fece scoppiare in bocca, rimase qualche secondo assorto sul gusto e sentenziò con voce ironica: “È una probabilità, ce ne sono altre.”

“Siamo d’accordo, sembrano tutte preparate in modo perfetto, attenendosi al risultato meglio non si sarebbe potuto fare ma noi non siamo certi che questo sia stato il tuo gioco.”

Il rabbino ammiccò compiaciuto e disse: “la cosa ti stimola, tu ami il rischio, vedere e lanciarsi come un giovane barbaro senza paura…di fronte le schiere sterminate di morti, sei un pazzo!”

Staccammo una zecca ad Esopo, la alzammo stringendola alla testa per osservare le zampette che si dibattevano disperate e poi ce la ficcammo in bocca scoppiandola tra la lingua ed il palato, il sangue non ci intenerì  e ribattemmo: “Questo non è ancora successo, ogni cosa al suo posto, la storia si è spostata nell’attualità, quella giornalista, un vero bocconcino, un mondo latente,  sommerso, il potere e le sue leggi, i suoi strumenti…un ottimo aggancio alla guglia gotica ed a quel che c’era dentro, il fantoccio vudu, ci sono molti collegamenti con la cabala ebraica ed il golem Adamo plasmato dal fango con la parola di dio, quella parola, dio, un super nome e la sua forma puramente immaginaria, un sogno o meglio, un incubo. Incubus…che sta sopra, capisci?”

Il rabbino sogghignò e disse: “Alludi alla trascendenza di Kant?”

“Esatto, un super noumeno che esiste solo nell’immaginario del pensiero, pensiero naturalmente tradotto dalle immagini che si vedono in televisione o al cinema o sullo schermo di un computer o si leggono sui libri, un’immensa costruzione di menzogne che si tramanda dal più antico passato con un tam tam incessante, frenetico, in piena escalation, sembrano atomi impazziti in prossimità dell’esplosione. Nella realtà oggi, il limite in continuo divenire del fenomeno universale, è collegato al limite zero fermo al passato, l’inizio della storia, siamo ancora lì, non ci siamo mossi di un passo…”

Esopo fece per ribattere un “Perdonatemi…” ma si zittì subito per l’intervento del rabbino che gli staccò una zecca dalle labbra, la scoppiò in bocca e poi disse con tono mielato: “Parole, quando ci incontrammo la prima volta eri impetuoso, un giovane barbaro in sfida con il mondo mentre ora vedi la politica e sai fare i conti giusti, sei cresciuto…”

“Forse invecchiato, l’età tende ai saggi consigli ma sotto sentiamo sempre la stessa tigre avida di sbranare…è questo il punto, quella tigre, l’uccello arlecchino della specie preumana, l’unico ad avere una maschera umana, forse archetipo della parola, che lo collegava con il circuito di tutte le tribù. Una maschera, come il sarcofago egizio che ci rinchiudeva la prima volta che facemmo il patto. Quella maschera si specchia nell’idea del superuomo, un’immagine puramente ideale, sembra un circuito elettronico stampato in un file del pensiero che condiziona il comportamento dell’intera umanità,  una macchina.”

“Figura stupenda!” esclamò il rabbino,  “hai centrato in pieno la questione.”

“Allora giriamoci intorno, questo superuomo è stato montato all’inizio della storia, si vedono esempi in Alessandro Magno, Cesare e Napoleone che ne ricalcano la figura aggiornandola nell’immaginario, comunque nomi la cui esistenza è appresa unicamente dai libri trasmessi dal passato, da parole scritte…doveva essere uno che si immaginava di conquistare il mondo, un sogno che è stato scritto e poi insegnato a bambini citrulli e creduloni e che da allora si tramanda.”

Il rabbino ribattè al balzo: “Ti piacerebbe sapere chi scrisse quel libro? Solo dio può averlo fatto.”

“Intendi chi trasmise la parola al fantoccio d’argilla? Proprio lui ma questo  è tutt’altro che astratto, si vede la figura di un maestro che insegna a bambini che null’altro sanno delle parole che hanno imparato dalla nascita cose mai esistite ed è creduto perché qualcosa lo rende credibile.”

Il rabbino assentì: “Si vede proprio quello.”

“Una siringata di informazioni nel data base della memoria, una menzogna…dalla figura del sarcofago si può probabilizzare che la prima volta sia avvenuta in Egitto, si dice la culla della civiltà ma la causa ha la forma di un effetto la cui causa è precedente nel tempo, potrebbe essere un massacro totale come il diluvio universale o una guerra e poi ai bambini superstiti di un nucleo egiziano venne montata l’idea da trasmettere al mondo, qui il riferimento torna ai tuoi ebrei sotto il monte Sinai che plasmano la vacca toro mentre Mosè sulla cima del monte si fa dettare la legge, l’Iside Ermafrodito o meglio l’Osiride castrato che forse è la stessa cosa..”

Il rabbino rise beffardo e disse: “Questo sulla bibbia non si legge.”

“Però è quello che si vede, l’immagine del cristo, gli ebrei negandolo ne prendono la forma, una cosa mai esistita, una favola, così è stato montato il sistema, i tempi non coincidono e gli ebrei potrebbero essere una montatura linguistica a cui sono state impresse cose mai avvenute e che a salti di canguro nel tempo si stanno ripetendo nell’attualità, Israele era parte dello stato fenicio, potevano essere prigionieri fenici catturati dagli egizi ai cui bambini venne fatto credere quel che si voleva, forse ci fu una guerra o una ribellione a cui seguì una crocefissione come avvenne ai tempi di Varo.”

“Probabilità!” esclamò il rabbino,  “Ce ne sono altre.”

“È vero, tante altre ma questa si collega alla Ixo di Efesto ad Alessandria, una schiava fenicia, la parola è associata all’araba fenice ed Araba e una parola composta da lettere che si possono anagrammare ed in tal caso Abraa con un’inflessione fonica della a in e come avviene nella lingua inglese diventa l’ebrea fenice.”

Esopo intervenne: “Perdonatemi…queste parole, la vedo sa…lei è proprio intelligente, qualcosa del genere…perdonatemi, io…lei sta girando intorno all’idea, mi sento tutto elettrizzato, guardi le mie zecche come vibrano, lei ha visto il mio uccello, lo sapevo che non poteva essere morto, la fenice, il mio uccello, era proprio così!”

Gli staccammo una zecca bella grossa da sotto un’ascella impregnata di sudore rappreso, la facemmo scricchiolare tra i denti e dopo averla inghiottita gli chiedemmo: “Di quale uccello parli? Qui si vede un superuomo castrato inchiodato ad una croce.”

Esopo ribattè: “Ebbene? Lei ha detto che è così solo nel sogno quindi nella realtà è ancora lui.”

Rimanemmo sconcertati dalla sua sagacia, il rabbino ne approfittò  per dire: “Una cosa che è e nello stesso tempo non è, una figura ambigua...”

Riprendemmo il filo e continuammo: “L’idea del superuomo, osservando la storia gli ebrei potrebbero essere i discendenti degli schiavi ateniesi catturati da Siracusa durante la guerra in Sicilia e poi rinchiusi nelle Latomie che dopo la guerra con gli Apuani i romani trasferirono in Lunigiana a fare i cavatori oppure i discendenti delle legioni di Varo il giudeo catturati a Teutoburgo, probabilità ce ne sono a bizzeffe, nuclei sparpagliati sul cui linguaggio base viene fatta credere sempre la stessa storia, non necessariamente di essere ebrei, ebreo è un nome la cui forma può avere altri nomi ma comunque quella mentalità che poi viene disposta sull’intero pianeta. Il punto, la mentalità sul linguaggio base che impietrisce, si può fare il collegamento con la fenice, con la guglia gotica e con la lingua delle comari inglesi che deve essere molto lunga. La fenice è un uccello immaginario tramandato dai libri, nel mito giunto al limite finale della sua vita prendeva fuoco e risorgeva dalle sue ceneri proprio come avveniva agli uccelli della specie preumana durante gli accoppiamenti, a risorgere in questo caso erano i loro abiti che si riformavano, l’involucro, la maschera che racchiudeva il cibo e che forniva l’intelligenza della specie. La fenice risiedeva in un tempio di Eliopoli nell’antico Egitto e stava sopra una pietra piramidale, una forma del tutto analoga alla guglia gotica ed alle pietre su cui cantano le suore mute della fontana.  La figura della fenice trascende dalla pietra, la figura dell’immaginario sul linguaggio base, un corpo che impietrisce siringando la propria anima in un sogno. Impietrire è una parola ambigua, può essere diventare di pietra  ma anche identificarsi in uno che si chiama Pietro, da qui al collegamento con la sfinge il passo è breve, la sfinge di Edipo era raffigurata alata  e poi si impietrì su un piedistallo e perse le ali, era lei la fenice.”
Edipo e  la Sfinge di G. Moreau.
Il rabbino prese il rimbalzo e disse: “Tu sei un cabalista nato, il collegamento è questo ma a cosa ti serve? La storia non si può cambiare, quel che è stato è stato e indietro non si torna.”

“Però si può andare avanti, la fenice, la sfinge di pietra da cui trascende l’immaginario che sta per scoppiare, la figura è disegnata e si può guardare da diversi punti di vista.”      

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                     

Il rivo di muco vaginale gorgogliava scorrendo nell’alveo, il profumo era inebriante, eccitante,  il richiamo animale della femmina in calore, una trasmissione d’odori, ci sentivamo gonfiare in erezione, forse eruzione, le parole ci ballavano davanti in giochetti enigmistici che ben si adattavano alla figura della Sfinge che avevamo scoperta. La storia era risalita all’attualità ma manteneva il suo piede al passato, vista da fuori eravamo noi che continuavamo a scrivere del presente come se stessimo al futuro, forse era nel futuro che si proiettava il piede al passato e in tal caso chi era quello che stava scrivendo? Il futuro è una probabilità da accertare e può essere calcolato in base ai dati dell’esperienza.

Il rabbino era immobile, di lui solo l’occhio avvampava nel buio dentro il cappuccio, Esopo stava con la testa china assorto nel vuoto, le zecche sul suo corpo pulsavano gonfie di sangue come piccoli cuori eccitati dal profumo di figa che si era sparso nell’aria, ne staccammo una da un piede e dopo averla fatta scoppiare tra i molari per insanguinare la lingua dicemmo: “Il quadro della Sfinge di Moreau ha tutta l’aria di una figura canonica, è molto interessante il piede che copre il pene di Edipo ed il piede alla base del piedistallo che ha sopra un vaso.”

Il rabbino rise, spulciò una zecca a caso e la ingoiò come una pillola in un grumo di saliva senza masticarla, fece schioccare la lingua sonoramente e ribattè: “Quella volta che facemmo il patto stabilimmo che non ci saremmo posti  domande sul come e perché.”

Senza badare a quel che aveva detto continuammo osservando l’evolversi della figura: “È questo il punto, quella volta è sempre adesso. Il piedistallo su cui sta la fenice sembra la siringa del dottor Faust che inoculava l’oppio per il sogno del bene supremo, un cristere, una peretta… uno spruzzo ideale, una sborrata, un’immagine simbolo, un totem a cui la forma si adegua. Questa è la Sfinge, ce l’abbiamo di fronte, la figa di Ixo perennemente sfigata per il ripetersi della storia. La figura dell’ermafrodita, la donna e l’uomo sono divisi nella realtà dalla colpa e uniti nell’immaginario, una figura puramente ideale che si autofeconda, la figa per ripetere la storia ha bisogno sempre della stessa idea quindi dello stesso cazzo e dello stesso sperma, il pene viene reciso e l’uomo castrato, l’idea, la cappella tranciata vaso dello sperma ideale si trasferisce nella donna che se lo ciuccia un goccio alla volta ridondandosi nel tempo…sembra un ciuccio perennemente succhiato tra le labbra di una donna sfigata…la cappella del super uomo, forse prima di venire castrato doveva essere uno scopatore eccezionale.”

Esopo sollevò la testa e chiese: “Perdonatemi…questo però avviene solo nel sogno, come lo spiega?”

Il rabbino gli staccò una zecca zittendolo e disse: “Sempre la stessa idea, la stessa storia da rimasticare, sembra quello che stiamo facendo da che è iniziato il nostro viaggio.”

“È vero, ci stiamo girando intorno e ogni volta con un significato superiore che ci porta sempre più vicini. Un sogno sviluppato da un cristere d’oppio, una pera…una sfinge drogata, il collegamento con il totem, il toro vacca, che gli ebrei costruiscono sotto il monte Sinai potrebbe essere collegato al mito greco di Io, la vacca torturata dalla gelosia che trova rifugio in Egitto dove dà alla luce il figlio di Zeus, una super forma divina che esiste solo nell’immaginario capostipite di tutte le altre. Epafo, da Pasifae dopo il ratto d’Europa, la figura del Minotauro egizio, l’essere doppio o d’oppio mezzo uomo e mezzo bestia come il principe di Machiavelli, la bestia viene rinominata in Dio e automaticamente l’uomo ragione diventa bestia. La figura è ambigua come la parola, bestia è la natura rappresentata dalla donna e non ragiona, una pazza! Il dio della bibbia è dunque una donna negata, la fenice, se non è donna è uomo, un ermafrodita, forse…potrebbe essere una figura pubblicitaria elevata sopra la torta per trasmettere quel sogno, quella pazzia ad un'altra che la guarda imitandola, in questo caso l’intera umanità.”

“Sono tutte abili attrici…” commentò il rabbino sogghignando.

“In tal caso una parte ambigua, è e non è nello stesso tempo, sembra una recitazione condotta per ripicca dal movente della gelosia in uno schema dove la mentalità ideale è quella delle comari pettegole inglesi, le nobili drogate che si modellano osservando i servi da bambine come la ragna Caterina della storia di Merdino, delle sguattere quindi! Io è un pronome personale, tutte si chiamano io parlando di sé, la faccia della Sfinge può cambiare all’esigenza sempre per condizionare la stessa io ma comunque tutte mantengono inalterata la sostanza, la ripicca del negro o chi per esso e la cappella tranciata del superscopatore, il sogno negato di sposare il figlio del postino e diventare regine a superscopare con lui in cima alla torta, il ciuccio ridondato dalla pubblicità che continuano a succhiare continuamente. Quella giornalista doveva essere agli estremi quando l’autore l’ha toccata…”

Staccammo una zecca e facemmo sciogliere il sangue in bocca poi guardammo il rabbino che sventolava l’abito sghignazzando e dicemmo: “La figura si collega a noi due la prima volta che facemmo il patto dentro la bara egizia che ci imprigionava. La causa ha la forma di un effetto la cui causa è precedente nel tempo, il piedistallo della fenice, la pietra Benben è la rappresentazione del monte Sinai sopra il quale sorse il disco solare, l’occhio di Ra, il dio di Mosè che dettò la legge degli ebrei,  un’immagine letterale,  un’invenzione che sale il monte, un climax… Occhio di Ra sul Benben suona col Big Ben di Londra sul meridiano zero di Greenwich che dà forma alla scala, forse era quello il posto originario dove venne innalzata la Torre di Giulio Cesare alias Attila, un campanile gotico da dove è scoccata la fenice trasferita alla cima del monte Sinai a dettare la legge alle altre pettegole. Ra Benben suona con rabbino, l’occhio di Ra potrebbe essere il tuo, un occhio al contrario che vede nella mente le probabilità come i sogni.”

“Allora?” chiese il rabbino puntandocelo contro,  “di cosa ti stupisci?”

“Quello che si vede non ci stupisce, il contradditorio è necessario, quello che stona è l’abito che ti veste, la prima volta che facemmo il patto ti presentasti come un indovino, un mago, uno che vedeva il futuro quindi le probabilità e ci dividemmo i compiti, tu uscisti dal sogno dell’autore che sta scrivendo che si divise nella realtà in una figura doppia, autore e attore, uno nome e l’altro la forma dei personaggi dei suoi libri. Questa è la figura che si ripete e che può variare di significato in base al nome dell’autore che scrive. In realtà potresti essere…”

“La necessità dialettica!” esclamò il rabbino puntandomi l’indice contro.

“Chiamala come ti pare in ogni caso siamo la stessa cosa che comprende anche Esopo e le sue zecche, semplici personaggi che recitano, attori e non siamo l’autore.”

Esopo ci guardò umile mormorando un “Perdonatemi…” a fil di denti, il rabbino rise e noi concludemmo: “Per saltare dai punti di vista della ragion di stato bisogna essere più veloci di un lampo. La figura è  quella del sistema psichico universale rappresentato dall’abito dell’uccello arlecchino, una figura che a quanto pare cambia faccia continuamente, uno schema base.”

Ci alzammo per baciare il clitoride della storia, lo leccammo con cura senza trascurare un particolare e sull’onda del getto vaginale che sgorgò impetuoso il climax salì un gradino.     

  

 

               E=MC2   (morto che parla)  


Eccoci qua al punto di inizio di questo capitolo, le prime parole sono state scritte, il difficile è fatto, il resto che viene chi lo sa? Il canone, l’ambiente dell’Arte è imprevedibile, come stare in cima ad una montagna, il punto di osservazione, con tutto intorno un oceano di probabilità in tempesta, a perdita d’occhio cavalloni turbinosi che si frangono uno contro l’altro sollevando schizzate di enigmi, parole che hanno in sé una frase che ha in sé un periodo e via di questo passo a riempire pagine su pagine di che?

Al volante della tastiera la direzione da cercare:

                                   capire sarebbe un errore, non capirlo è l’errore”

l’enigma salta fuori dall’oceano indicando una strada, che c’è da non capire? Allora diamo tutto per scontato, si è mai visto un burattino far domande ai fili che lo animano?

Cos’è il sentimento? Il sentire…un richiamo alla premonizione, all’intuito, all’ispirazione e anche all’istinto, facciamo conto che l’autore non esiste, siamo solo noi parole che scorrono sulla pagina ad esserci e abbiamo una voglia matta di divertirci, di scriverci come ci pare senza porre limiti al piacere di essere, una continua crescita da adesso a chi lo sa.   

La questione in esame è la mentalità delle comari inglesi pettegole, uno standard planetario, la chiave di lettura è un mondo senza dio dove l’unica legge che si intende è o così o crepare.

In filosofia se uno è nome l’altro è forma cioè la legge universale e poi non esiste pietà, speranza, carità, tutto è come in una giungla, la domanda e l’offerta di cibo, se si mangia bene altrimenti…

Un nome innalzato sopra i cumuli di miseria di cui è causa che pensa solo alla gelosia, all’invidia ed a quel che dicono i servi, lo faceva anche Era, la moglie di Zeus e le altre dee la imitavano nel paradiso ideale di Platone trasmettendo il comportamento alla massa quindi lo standard è comprensibile.

Dall’Olimpo al monte Sinai sulla cima del quale trascende il dio che detta la legge, lo ha visto solo Mosè  e gli altri gli hanno creduto, forse per l’imperativo categorico di Kant, tu devi credere altrimenti…

Le probabilità si indirizzano alla miseria che cresce, la fame non sa di sofismi e gelosia, capisce solo mangiare e non conosce pietà. Il dio che trascende dal monte Sinai ha preso forma, un’esplosione demografica, l’e = mc2 di Einstein, quando la massa raggiunge il limite della velocità pum! Scoppia la bomba atomica, in sociologia è un’ esplosione demografica, in filosofia è il materialismo storico di Marx, una rivoluzione dove i dominati sostituiscono i dominanti, cioè la forma il nome.

La legge è universale, il fenomeno giunto al limite finale della sua espansione si scontra con gli altri fenomeni e non trova più spazio per crescere quindi il più grosso mangia il piccolo, come fanno i pesci. In natura sono i giovani che sostituiscono i vecchi, un ricambio generazionale, nel manicomio invece sono i vecchi a dominare, o meglio la loro mentalità, come in un corpo sostenuto a medicine.

L’idea si specchia nell’universale dandogli forma, le figure sono stampate nell’immaginario collettivo e vive o morte sono comunque vive, fantasmi che vivono nell’immaginazione ognuna con un significato preciso, una maschera di pura invenzione che copre una nota reale della scala invertendone il significato ed il comportamento.

Nel cerchio i limiti sono rappresentati da zero e 360 gradi che coincidono, nell’ e = mc2 il c2 corrisponde al limite della velocità che coincide al punto zero del cerchio, quindi mc2 è uguale a zero, l’inizio del fenomeno, il big ben teorico, una resettata della massa. La figura si può confrontare con la musica. Il c2 corrisponde al si diesis dell’ottava che coincide con il do = 0 dell’ottava successiva facendolo suonare. Dopo nell’ottava successiva non ho una velocità costante della luce ma una nuova scala che può essere ascendente o discendente  che suona accelerando o decelerando le frequenze nota dopo nota. La velocità della luce, cioè lo spazio tempo che equivale alla forma nome è un giudizio a priori a cui bisogna credere per fede derivato dalla fisica di Kant, la trascendenza del super noumeno.

Questo salta ad Attila, alias mago Merlino, bisogna vedere il corpo di Attila senza il nome e poi a quel corpo, oltre ad Attila, vedere un’infinità di altri nomi ognuno con la stessa forma e spostati nel tempo, sempre lo stesso, il super uomo, l’idea, un noumeno che dà da mangiare agli affamati di cui è causa diventando il loro idolo per trascinarli alla rivoluzione che si adatta di volta in volta coincidendo alla forma rappresentata nella realtà dell’oggi e poi risalire alla leggenda del ritorno di Merdino, quello vero, il mago della pubblicità, tutta un’altra cosa.

                Figura della lingua cazzo. 


Il risveglio sembra di uscire da uno zero con tutto da rifare. La stanza è in penombra, dalle fessure della tenda che copre la finestra filtrano fioche e acute lame di luce che trafiggono le pareti, una è puntata sul letto direttamente contro il cuore di Lilli.  Lei dorme ancora, nuda con le calze nere e le giarrettiere, è tornata alla sua età, il corpo raggrinzito da borse e cuscinetti e le rughe senza trucco.

Lilli apre gli occhi, sbuffa e dice: “Il sogno è finito, l’autore non mi ama più.”

“Sciocchezze, lui lavora seriamente, il canone sviluppa le figure e quello che è è, la storia si è evoluta e i personaggi si devono adattare alle nuove esigenze. Lui di te conosce solo l’immagine televisiva, una maschera gonfiata di menzogne, ha cercato di immaginare come sei fuori dalla maschera quando te ne torni alla tana con i tuoi crucci e i tuoi pensieri, ha visto le probabilità confrontandole con la sua esperienza, il comportamento è effetto, la causa aveva bisogno di una piccola modifica.”

Le apro le gambe, le accarezzo la figa con l’indice titillandole le labbra fino a farla aprire e sbavare poi la bacio mordicchiando il clitoride. Dal buco esce un acre tanfo di orina stantia mista a uova marce poi un flusso di liquido vaginale fiotta gorgogliando spandendosi abbondante sul lenzuolo. Lilli mugola uno strillo in fa diesis modulandolo tra i respiri accelerati, si sente il tum tum del suo cuore ritmare la musica, apro la bocca ingoiando l’intera figa e spingo la lingua nel condotto vaginale aprendolo a palate, il fiotto aumenta, uno scroscio che inonda, Lilli geme un acuto in sol poi sale di mezzo tono modulando il suono sugli ansiti del respiro agitati come una cagna con la lingua fuori dopo aver corso, al tamburellare del cuore si aggiunge il frusciare delle sue unghie sulla mia schiena, spingo la lingua slappando veloce stringendo la figa tra i denti come l’imboccatura di un sassofono, sento le papille gonfie raspare tra le pareti roventi percorse da tremiti convulsi su cui scorre il flusso riempendomi la bocca, Lilli strilla in boato solfeggiando fino al si e continua, si inarca sul letto schiacciandomi la testa sulla figa e la lingua alle ovaie poi esplode con l’orchestra ed il coro di mugolii che tuonano nel An die freude della Corale e si lascia cadere ansante sul letto.

Mi alzo e dopo essermi asciugato la faccia con un lembo del lenzuolo dico: “L’assonanza della parola tedesca freude con il dottor Freud è interessante, anche con la parola italiana frode e con il Frodo di Tolkien.”

Lilli ancora ansante ribatte: “Ti sembra il momento di far filosofia?”

“Per il momento ho solo preso nota, uno strumento, saperti suonare…tu non puoi neppure immaginare quel che l’autore saprebbe suonare con te.”

“Vuoi dire che sono una suonata?”

“Parole, che importanza ha? Il problema è nella mentalità da pettegola inglese che esprimi nei fatti, gelosa, pettegola, invidiosa,  cosa fa questa? cosa fa quello? e tutto per non guardare quello che sei. Ci deve essere un collegamento, lo standard  è trasmesso, la questione è delicata, politica, ci vuole molto tatto. Rimettiamo tutto in gioco, siamo personaggi, la nostra forma è data dal nome, Lilli, senza nome, nulla. Rimane la forma del personaggio letterale, il concetto di personaggio, una macchina per le esigenze di copione che prende forma da un nome che l’autore può scegliere a piacere. Sulla torta i piani erano dodici come i semitoni naturali della scala cromatica quindi… ”

La macchina del personaggio si forma, prima si vede lo scheletro, una cassa toracica con dodici costole per parte che al tocco suonano e si possono combinare in una infinità di accordi poi si allungano gli arti e salta fuori la testa, lo scheletro si ricopre di carne e diventa una leonessa maestosa con la faccia di Diana Spencer, sul dorso spuntano allargandosi e sbattendo le ali, fa schioccare a frusta la coda sul letto poi si alza gettandosi contro la finestra, la sfonda con fragore e si allontana volando come un uccello che ha trovato la gabbia aperta.  

La figura sta prendendo forma, per il momento si notano solo degli scorci sbucare qua e là tra le nuvole magmatiche dell’idea come isolette o meglio come nasi che si ficcano a curiosare in tema di pettegolezzi. Sembra un altro mondo, quale non si può dire, la figura di un accampamento di zingari ben vestiti, lo strumento inizia subito a stonare, l’accostamento trascende l’esperienza, quando mai si sono visti zingari ben vestiti? Eppure si vede proprio così, abiti eleganti, emblema Luigi XIV assiso al trono con scettro manto e parrucca, nuvole di cipria profumata, fumo negli occhi.

               La moda è nome o forma?


Scendo le scale, al piano terra è tutto deserto, l’aria è come vuota, non si sente caldo e freddo, come muoversi nel nulla, senza tempo. Al bar c’è Tommy dietro al bancone. Sembra rimpicciolito e dimagrito o meglio sgonfiato. Accenna un sorriso evitando il mio sguardo e si gira per fare il caffè. Intanto dice: “Ho capito, non è il momento, sono troppo occupato a non pensare, devo farcela da me, è tutto lì il problema, appena mi calmo ne parliamo. Lei non è voluta scendere, si vergogna troppo.”

Riempie due tazzine di caffè, me ne porge una e mentre mescola lo zucchero col cucchiaino nella sua aggiunge: “Nulla è più come prima.”

Bevo il caffè e domando: “Prima quando?” poi esco all’aperto.

Un sogno di vanità, ebbene sia, il paesaggio è cambiato, si vede una collina brulla sopra un mare di nuvole con l’albergo “Il paradiso” in cima, la guglia gotica spicca alta con la finestra sfondata dalla Sfinge, ora sembra il Big ben di Londra. Nel cielo, perpendicolare alla guglia, un sole quasi bianco, immobile come una lampadina fissata al soffitto.  In giardino la fontana continua a sprizzare, ad un tavolo rotondo sotto il pergolato sono seduti il prof. Peperone ed un tipo con l’aria simpatica davanti ad una bottiglia di vino bianco ed un grosso vassoio di affettati sopra un giornale aperto che fa da tovaglia dove si vede una vecchia foto di Diana Spencer con un abito bianco luminoso china su un gruppo di bambini poveri con sotto la scritta:

                                                             “date un soldino!”

Il professore mi vede e invita al tavolo. Dopo aver riempito i bicchieri e fatto il brindisi dice: “Siamo completamente isolati, oltre le nuvole c’è il nulla ma forse stiamo sognando. La stavamo aspettando, le presento il signor Brigante, è inglese ed era ansioso di incontrarla. Gli altri sono andati alla frana, dicono d’aver trovato la tomba del mago Merlino. Gliel’ho detto che sono tutti matti.”

L’inglese si alza e mi porge la mano presentandosi in un italiano che sembra uscire da un traduttore automatico: “Piacere, pezzo di merda.”

Un tipo vagamente somigliante all’autore, gli stessi occhi o quasi, qualche anno di meno ma con i capelli lisci biondo castano che imbiancano alle tempie e l’aspetto di un intellettuale bohemienne inglese spiegazzato ed indifferente.

Il prof lo guarda sorpreso dalla presentazione, poi guarda me ridere e chiede: “Vi conosceste così bene?”

Non dico nulla e l’inglese dice: “Volevo sapere se il torneo di bridge è ancora aperto.”

“Una dichiarazione tattica,” rispondo, “Il tuo socio sta in Francia e non ha ancora chiamato.”

Lui continua: “Intanto potrei fare la mia, quell’autista…tu hai capito che poteva scegliersi chi voleva e che se lo faceva per ripicca doveva essere uno che assomigliava a te…era una puttana! pazza!”

“Oppure una splendida attrice.”

“Tu la difendi!” sbotta lui con impeto poi si calma immediatamente e continua: “Forse è vero, chi può dire a quale regia può ubbidire una pazza? So che tu consideri tutti gli inglesi dei pecoroni, yes sir  buoni solo a farsi a prendere a calci nel culo dai nobili ma ti assicuro che non è così! Hai detto una dichiarazione tattica, ho capito, è stata  una sceneggiata e forse è ancora viva…e noi…facciamo come in quelle storie con le astronavi che scrivevi, i sei accidenti contro tutti, si gioca d’astuzia e si distruggono tra loro…”

“Esatto, tutto sta a seguire i segni tracciati sulla sabbia.”

“Che il vento ha cancellato, siamo programmati, calati nella parte, recitiamo senza saperlo, anche lei quindi…”

“Qualcosa del genere, una macchina, va vista da meccanico, come si stringono i bulloni quella va, si doveva immaginare che accecato dalla gelosia la uccidessi mentre lo succhiava all’arabo, ha fatto la fine che sognava, le probabilità che seguono sembrano inverosimili ma il sogno si originava da New York e le cose potrebbero cambiare. Tutto è avvenuto nel microcosmo del sistema psichico adattandosi a storie precedenti, l’intenzione è estranea.”

L’inglese beve un sorso di vino, stuzzica una fetta di salame su un grissino, medita un attimo masticando, manda giù e continua: “Mettiamola così, in qualsiasi altro modo sarebbe cercare scuse… ho capito, non è da capire, l’intenzione fuori e quel che facciamo e quel che dobbiamo fare, in qualche modo le paranoie dell’autore siamo noi, lui ci ha montati ed ora si tratta solo di girare la frittata…l’invidia c’è ma intanto…siamo già tutti disposti perfettamente, in pratica tu ti occupi dell’universale tenendoci uniti e noi ognuno della sua parte e immagino che quando verrò a trovarti casa tua sarà mia come farai tu nella mia, un'altra mentalità, una pacchia!”

“Si tratta solo di pazienza.”

“Intanto l’Inghilterra sta facendo la sua fine…”

“È vero ma se gli inglesi hanno capito il problema è risolto.”

Nell’aria immobile si sente battere d’ali, con stridori ed urla scimmiesche arriva in planata dall’alto la Sfinge, compie un giro sopra di noi e si va ad appollaiare sopra la guglia. La faccia della Sfinge si trasforma in successione nei visi di altre donne poi torna Diana e si fissa immobile a guardarci con occhi curiosi come una pettegola che ha esaurito i pettegolezzi e ne cerca di nuovi.

Il professore dice: “Una figura da interpretare, il canone è un gioco interessante, anch’io…potrei essere il sogno di un ex spacciatore tedesco preso all’amo…quella è la sfinge di Edipo, un vero enigma, allora diamoci del tu, avrei davvero piacere di interpretarla con te.”

“La figura si guarda e quel che si vede è quel che si vede.”

Peperone continua: “Allora parliamo di filosofia, il sillogismo naturale dice che il nome non è forma ma la forma è un nome, la parola forma, quindi la forma è nome.”

Brigante dice: “In tal caso non è forma.”

Il professore lo guarda stupito e chiede: “Sei un filosofo anche tu?”

“La materia mi interessa, ” risponde l’inglese “credo di aver capito come funziona però i concetti sono troppi e mi accontento della mia parte.”

I bicchieri si sono svuotati, li riempio e dopo aver bevuto un sorso dico: “Tutto sta a farsi scorrere, se il nome è forma il singolare è plurale.”

“No, ” dice Peperone,  “il singolare non è plurale, sono due cose diverse.”

Contraddico: “Però la parola plurale è singolare.”

“E in tal caso non è plurale.” declama l’inglese ridendo.

“È vero, ” continua il professore “è il significato che cambia, la figura espressa dalla parola.”

“Dove?” gli chiedo.

Peperone pensa un attimo e risponde: “Hai detto che bisogna guardare, si vede un filosofo che nomina la forma quindi tra il soggetto nominante e l’oggetto nominato. Vista con il sillogismo la filosofia non ha più niente a che vedere con quello che ho insegnato finora, un cumulo di opinioni adattate al sistema, è matematica, una scienza esatta, è e non è, to be or not to be, that’s the question, un mondo nuovo.”

Con tono cattedratico continuo: “La figura va interpretata con la filosofia, la logica che la muove è il nominalismo di Kant, dovresti conoscerlo bene.”

Peperone ribatte: “I libri parlano di criticismo, ci sono teorie che lo associano al nominalismo ma molto confuse.”

“Il sillogismo è uno ed il suo contrario, se il nome non è forma oppure è forma quindi se non è uno è l’altro. Esaminiamo lo schema base della logica di Kant con il suo sillogismo. Il fenomeno è quel che si vede nella realtà, una pianta, una sedia, una montagna ecc. ed il noumeno l’immagine intelligibile, nel pensiero,  riflessa dal fenomeno, un concetto, l’idea della pianta, della sedia, della montagna ecc.”

“Questo può essere.” Asserisce il professore.

“Fin qui la logica è vera perché il noumeno non è il fenomeno. Ogni noumeno corrisponde ad un fenomeno fin quando si arriva ad un punto che i fenomeni non ci sono più e si deve procedere con noumeni che non hanno corrispettivi nella realtà e possono essere nominati solo con un giudizio a priori. Questi noumeni trascendono dalla fisica, sembra la metafisica di Aristotele ma per lo stagirita si tratta della nominazione della forma, il linguaggio, che non è la forma nominata mentre per Kant sono figure ideali che negano le forme, idee platoniche come quella Sfinge appollaiata lassù ed il dio che dettò i comandamenti a Mosè. I noumeni trascendenti si possono definire probabilità non accertate dall’esperienza.”

Peperone interviene: “Vista così sembra facile, sono stati scritti miliaia di libri, le più svariate interpretazioni, c’è chi ci ha perso la testa e tu con due parole…”

“Tutto sta a capire il sillogismo, la cosa riguarda solo l’ambiente umanistico perché gli ingegneri informatici che si occupano di computer lo hanno già fatto da un pezzo. Il facile è la forma del difficile, i noumeni trascendenti negano la forma, se non è forma è nome, il nome è parola, la forma della parola è il linguaggio…forme che esistono solo nel linguaggio sotto forma di idee, fantasmi che si tramandano dal passato.” 

L’inglese si intromette: “credo di aver capito, il noumeno è una forma negata nell’esperienza, se non è forma è nome, un a priori ed in questo modo il noumeno si inverte in fenomeno nel pensiero prendendo forma, un nome forma, quindi in questo caso la forma è nome, il concetto di forma si inverte in nome. La logica è implicita, si sviluppa automaticamente chiamando nome la forma con l’a priori.”

“Esatto, il concetto di plurale diventa singolare ed automaticamente il singolare plurale. In questo caso la forma che è universale diventa una, le parti si compattano, come dire si impietriscono ed il nome che è uno si frammenta in un lungo elenco di nomi tutti attribuiti alla stessa forma come in un albero genealogico. In realtà il nome è attribuito ad una forma che non esiste, quindi il nome è zero, nulla, il nulla non si può trasferire dalla realtà dove non esiste, il trasferimento può avvenire solo nel pensiero.

Peperone continua: “Un sogno, la sfinge appollaiata lassù dunque è un vaso di nomi, un linguaggio racchiuso in un involucro che si tramanda da millenni!”

“Qualcosa del genere, la figura si guarda. In un antica rappresentazione Edipo è raffigurato con il petaso di Hermes, ci deve essere un collegamento con il dottor Faust.”

 
Come in una sala del Dream pub tre pettegoli al tavolo che parlano di enigmistica. La fontana sprizza e la Sfinge sulla guglia del big ben.

Peperone dice: “Questi accostamenti incantano, occorre una grande cultura per poterli fare.”

Stappo una bottiglia per sostituire la svuotata, riempio i bicchieri e ribatto: “Universale, tutto quel che c’è da sapere e per il resto c’è l’enciclopedia da consultare, in qualche modo anche voi nella parte dovete averla sviluppata, l’in sé della parte è universale, le scale che esprimete, a loro volta divisibili in parti, nuove ottave che a loro volta…un’esplosione di probabilità, limitiamoci ad oggi e poi chissenefrega. Il canone è un gioco enigmistico, i Parti discendevano dai Persi che a loro volta discendevano dai Magi, da prendere nota.”

Brigante continua: “Sono appassionato di mitologia, in quella figura si vede Ermes nominato come Edipo, un altro nome che trascende dalla forma.”

Bevo un sorso guardando le probabilità e dico: “Impari in fretta, il significato della figura non è la figura, proprio così, si vedono più nomi attribuiti ad una stessa forma e se ne potrebbero vedere altri continuando la lista, la logica di Kant, il nome si frantuma al limite della fisica, il c2 di Einstein e continua alla velocità costante della luce. Elettricità, entriamo nell’elettronica, l’informatica, la tecnologia digitale. Nella figura si vede come un punto che si srotola a velocità costante come il cursore nei clip digitali  oppure come una lunga lingua che si allunga da una bocca di pietra.”

La Sfinge sulla guglia ride divertita, dalla bocca di Diana inizia ad uscire una lunga lingua tipo quella dei camaleonti, rossa ed appuntita e perché no? anche sbavante, entra nel pergolato, si insinua tra le gambe di Brigante, gli cala la cerniera dei pantaloni e gli tira fuori il cazzo con abili lappate da esperta, glielo fa venire duro poi lo slinguazza palpeggiandolo e con un colpo deciso lo abbatte, passa a sbottonare la patta di Peperone, lo tira fuori gonfiandolo e tastandolo come un naso che annusa ed anche questo lo butta poi passa a me e dopo averlo tirato fuori e slinguato ben bene con grandi spruzzi di bava rientra nella bocca di Diana.

“Che ci fai alle donne?” domanda Brigante.

 “Non chiederlo a me, l’autore sono vent’anni che va avanti a seghe. Le probabilità sembrano assurde, tutto avviene nei sogni.”

Peperone svuota il bicchiere, lo riempie rabboccando i nostri e continua: “La linguistica è la mia passione, mi piace analizzare e confrontare le lingue, i dialetti, le locuzioni…nella figura si vede una lingua inglese allungarsi e toccare l’inglese, il tedesco e preferire l’italiano. Il canone è un gioco davvero appassionante, le figure parlano una lingua naturale, tutto sta a non dar peso alle parole.”

“Ha  toccato i cazzi, i cazzi sborrano l’idea, il punto di partenza del fenomeno, la sborrata, il big bang. La sborrata della lingua parlata, l’evoluzione della figura, bisogna probabilizzare la vostra citrullaggine o meglio le informazioni con cui siete stati programmati da bambini. Nella logica di Kant il nome nega la forma, la negazione dell’impero romano. Il confronto con gli Stati Uniti. Sarebbe come se gli States si ribellassero e poi nelle scuole si insegnasse che ogni stato si è liberato dagli statunitensi. Chi erano gli statunitensi prima? La stessa cosa deve essere avvenuta allora, i romani erano un sistema sociale come gli Stati Uniti, un'unica lingua che viene spezzata in lingue diverse. La città di Roma non è certo che fosse la capitale, la lingua si sviluppa dalla fusione del greco parlato dagli etruschi e probabilmente dal resto dell’Italia centrale, meridionale e nella penisola balcanica con il celtico parlato nel nord Italia che probabilmente era la lingua parlata nell’Europa occidentale, come avvenne in Inghilterra tra i normanni francesi ed i sassoni. La capitale doveva stare nel punto di contatto delle due lingue, probabilmente Torino che forse ai tempi si chiamava con un altro nome e romani non derivavano da Roma così come gli statunitensi non si chiamano Washintoniani. Tra le probabilità Roma potrebbe essere stata fondata da Attila, gli Unni avevano vinto i romani e ne avevano preso il nome, Rom e quindi Roma, la città dei rom. L’impero si frantuma  e l’origine viene negata, invasioni, mescolamenti di lingue ed eccoci qua a fare il punto.”

Peperone dice: “All’origine c’è Ermes che poi diventa Edipo, il dottor Faust, Freud ed il complesso di Edipo, assonanza linguistica.”

Brigante continua: “Il mito…se a quei tempi eravamo un unico popolo avevamo gli stessi miti che poi, nel rimescolamento, si sono spezzati ognuno i suoi.”

Peperone prosegue: “Ermes diventa Arminio, l’eroe traditore, un nome forma e si porta dietro i figli, Ermafrodito e Pan. Una figura ambigua.”

Ribatto: “La figura dello spartano Aristodemo considerato traditore che si suicida in un’impresa eroica, solo la figura, il fatto non è certo che sia avvenuto alle Termopili. Il significato è associato all’idea del super uomo, quel che sembra e quel che è, la figura del super uomo viene trasmessa dall’origine ma l’origine di quale civiltà? L’ultima guerra l’hanno vinta gli americani, il peso è caricato sul nostro cousin di New York, il collegamento è con la guerra del Vietnam e da questa alla selva di Teutoburgo, anche lì doveva esserci un traditore che poi si pentì.”

“Arminio!” continua Peperone,  “questa cosa in Germania non è piaciuta affatto ma la storia parla chiaro.”

“In Germania andrebbero tutti frustati!” esclamo,  “la razza eletta, peggio degli ebrei!”

“Peperone dice: “Non ci sottovalutare, ci sono cose… specialmente la nostra generazione, da bambini ci insegnavano a considerare sporche parole come corpo umano, figurati cazzo e figa, un peccato mortale, da bruciare per sempre all’inferno. Ora capisco, la negazione della forma, il nominalismo di Kant sposta il corpo nella nominalità del pensiero.”

“Non sottovaluto affatto i tedeschi e neppure li sopravaluto. Il nominalismo falso è montato sulla logica vera di Hegel e viene trasmesso al mondo intero, il problema sta solo nel superuomo ma se i tedeschi hanno capito il problema è risolto. Nella figura il traditore è pentito e sogna di riscattarsi, è certo che Odoacre, visto quel che gli successe poi, si dovette pentire amaramente di aver deposto Romolo Augustolo, la storia si ripete, quel che la storia chiama invasioni barbariche probabilmente seguirono le sorti della seconda guerra mondiale, i tedeschi presero l’Europa e poi vennero ammazzati tutti da sollevazioni partigiane e dall’arrivo di Attila. Forse anche allora c’era un generale che si pentì d’aver scatenato la guerra civile come ha fatto Kohl per la faccenda di Hitler. La negazione della ragione di Hegel insita nella lingua tedesca sposta il super uomo negli Stati Uniti che prendono la forma dei tedeschi e dei loro miti quindi di Teutoburgo, l’origine che i tedeschi negano. La questione è spinosa ma è la chiave di lettura perché tutta la storia si monta su quella leggenda.”

Brigante sbotta: “La guerra nel Vietnam…mi son sempre chiesto come gli americani abbiano potuto farsi trascinare in quel massacro, quindici anni, un elefante contro una formica, devono essere più pecoroni degli inglesi.”

Peperone interviene: “Non dimenticare che a quei tempi c’era Armstrong che passeggiava sulla luna, forse loro non la pensavano così.”

“Perfetto, ” dico,  “Armstrong,  Arminio…la questione è centrata, la storia si ripete, alla base ci sono le legioni morte a Teutoburgo, abbiamo visto la probabilità che non vennero uccisi ma catturati o furono loro a ribellarsi ed a andare a fondare una nuova colonia. La figura si legge che dei vivi sono dati per morti, il significato si trasmette nell’immaginario collettivo condizionandone il comportamento. Quindici anni di guerra sono tanti, bisogna probabilizzare che in Vietnam siano rimasti miliaia di americani disertori che l’esercito ha dato per morti.”

“Così ha guadagnato sulle bare…” mormora Brigante,  “un bell’affare la politica…” beve un sorso soppesando le parole e continua: “La figura del traditore non piace a nessuno… posso capire i pecoroni che si facevano ammazzare così, ma quelli come noi, che capiscono, se obbligati…che mi sarebbe importato di far la guerra solo per finire in una bara e arricchire i ben pensanti che le vendevano? se avessi trovato una vietnamita che me lo sapeva succhiare bene li avrei mandati tutti a fanculo e sarei scappato con lei.”
    

 La Sfinge ruggisce e batte le ali per richiamare l’attenzione, si erge sulle zampe leonine sopra la guglia poi si gira e si china alla pecorina, solleva la coda mostrando l’ano spalancato e la figa sbrodolante, scoreggia, si rivolta ancheggiando sinuosamente e la faccia di Diana fa uscire dalla bocca un brandello di carne, per essere precisi un glande  ancora sanguinante che sembra appena tranciato da un cazzo, lo allunga sulla punta della lingua, lo pinza con gli artigli di una zampa e lo porge verso di me poi se lo rificca in bocca ciucciandolo come un chewing gum.

“La figura si evolve, ” dice Peperone ridendo,  “in Germania i ben pensanti devono essere tutti scandalizzati.”

“Gli inglesi invece si stan sbelicando dalle risate.” continua Brigante,  “la figura è originale, l’autore è un mago della pubblicità ed evidentemente si vuole divertire ma tutto questo che ha a che fare con i disertori americani?”

“Vuoi dire con la lingua inglese che si allunga?”

“Ho capito!” esclama Brigante,  “è geniale, aspetta un attimo, fammi riordinare le idee…”

Peperone continua: “L’origine di Teutoburgo, Diana potrebbe essere una discendente dei Sassoni che si trasferirono in Inghilterra quindi in questo caso si tratta di una lingua tedesca.”

“Dell’idea del super uomo precisamente, ” dico, sempre guardando le probabilità,  “i Sassoni di quei tempi potrebbero essere i discendenti delle legioni di Varo che avevano tradito per unirsi ad Arminio e quello che i libri dicono della storia di Roma sia in realtà la loro, fondarono una colonia poi rapirono delle sabine, cioè delle tedesche del luogo, fusero la lingua e lentamente, avendo sistemi più evoluti, si allargarono inglobando prima la Germania poi l’Inghilterra ed il resto del mondo che parla inglese. Qualcosa del genere dev’essere avvenuto in Vietnam, la causa principale di quella guerra fu proprio la loro istituzione, il loro comportamento era prevedibile.”

“Un sistema feroce, ” dice Brigante,  “Una macelleria.”

“Non farti fottere dal giudizio, ” ribatto,  “Vuoi metterti tu a governare al loro posto, credi che sia facile? È un sistema applicato al bestiame, tutti i nobili ed i borghesi del mondo anche se all’apparenza mostrano il contrario sarebbero felicissimi di far soldi vendendo bare all’esercito e quelli che finiscono nelle bare, al loro posto, farebbero lo stesso, nel formicaio ogni formica è formica.”

“Nominazione della forma!” esclama Peperone,  “una figura, si guarda.”

Riempie i bicchieri, beviamo e continuo: “La figura va letta confrontandola alle usanze della razza preumana dove alle salsicce di carne si sostituiscono salsicce di dollari.”

“Proprio così.” Continua Brigante,  “I nobili li conosco bene, mi stanno addosso da sempre e quel che è successo…in pratica dovevamo passare per capro espiatorio dei loro fallimenti.”

“Esatto, sono nominati e possono prendere forma solo dalla nostra negazione. Tu hai detto che al posto di quei disertori avresti fatto lo stesso, lo avrei fatto anch’io, la loro presenza si può solo calcolare con le probabilità e da questo si può probabilizzare che dovevano provenire dal popolo ed avere un’intelligenza superiore alla media, artisti, scrittori, musicisti e chissà che altro, nella società preumana erano gli uccelli che avendo ali son volati via ed in pratica negli Stati Uniti sono rimasti solo i castrati mentre le migliori risorse umane si sono trasferite in Indocina dove sono negati. La cosa era programmata, il governo vietnamita agiva in accordo con quello americano, sia tra loro che tra le vietnamite dovevano esserci infiltrati della Cia che li indirizzavano allo scopo e devono aver trovato tutto facile, devono essersi concentrati in un punto, fondato un villaggio in stile americano che poi con i figli si è ingrandito e in qualche modo influito sullo sviluppo del Vietnam che risorgeva da quindici anni di napalm, tutti devono covare nell’animo la figura del traditore e di Armstrong che passeggia sulla luna, il superuomo… nella figura si vede la lingua di una vietnamita che lo sa succhiare bene che probabilmente ha prolungato quella di Diana ma a questo punto, se in Indocina hanno capito, il problema è risolto.”

“Risolto per modo di dire, ” continua Peperone,  “Qui siamo parole in una pagina ma nei fatti è ancora tutto in gioco. Nella figura si vede un uovo pieno di morti viventi che racchiudono in sé l’idea dell’eroe traditore destinato al futuro, forma negate, noumeni trascendenti dati per morti con un giudizio a priori, è la logica di Kant e si origina a Teutoburgo, quindi anche i tedeschi e gli inglesi…”

“Siamo noi ma se abbiamo capito il problema è risolto. Il noumeno è l’idea del superuomo, quel che crediamo di essere o meglio il pensiero in cui ci identifichiamo, è facile.”

“Intanto che facciamo di quegli americani disertori?” chiede brigante.

“Questo non è affare nostro, sapranno benissimo cavarsela da soli. Ad allungarsi è stata la lingua di Diana, una pettegola, in Indocina  devono essere tutte pettegole di prim’ordine e grandi puttane ma questo per l’autore non è affatto un demerito, anzi…la figura va vista con la filosofia. La super cabala che governa il mondo ricalca ripetendola ad ogni ciclo storico una storia avvenuta in una probabile esistenza prediluviana di cui si è persa la memoria, il male non è il bene, la forma del male è il bene, questo significa che negli schemi dell’antica disposizione del mondo fosse previsto un nucleo dell’occidente in Indocina come in Europa e America ci sono le Chine Town, il modo non ha importanza, quel che conta è il risultato.”

Facciamo un brindisi, beviamo, spilucchiamo qualche fetta, abbiamo tutti gli occhi lucidi d’ebbrezza, la sfinge si sposta sculettando e scodinzolando sulla guglia cercando una posizione più comoda, le labbra di Diana mettono il broncio e Brigante chiede:

“Sono tutte pettegole, perché proprio lei tra tante inglesi, una morta?”

Peperone risponde: “Non hai guardato bene la figura, si vede un villaggio di vivi dati per morti, noumeni rinominati a priori che dalla mentalità si riflettono nella realtà.”

Rimane qualche secondo sorpreso a soppesare le parole dette, beve un sorso e Brigante dice: “Ho visto perfettamente, un ghetto di pettegoli, gli inglesi…il problema è un altro, l’autore ha intuito che dovevo portare il peso di quella morte e che ci sono collegamenti con l’eroina…adesso…”

Continuo: “Viva o morta per il momento non ha importanza e in ogni caso quella Diana è morta per sempre,  il perché la Sfinge abbia la sua faccia se lo è chiesto anche l’autore, non gli è mai piaciuta gran che ma questo non vuol dire. la figura rappresenta la pettegola per antonomasia in linea con la logica di Kant, la negazione della forma trasferisce il noumeno della super donna nel pensiero dove è costretta continuamente a malignare di tutto cioè a negare le forme reali per poter esistere. Il personaggio è montato dalla pubblicità, caricato nel cannone e fatto esplodere. La lingua inglese, calcolando anche quelli che la parlano come seconda, è la più diffusa al mondo, la pubblicità deve aver impressionato milioni di pettegole, un peso statistico che la eleva all’empireo, una sepolta viva come la Cristina del dottor Faust e la suora del Cottolengo che canta nel vaso sotto la torta.”

La sfinge batte le ali e fa uno strillo acuto molto femminile, solleva una zampa sguainando gli artigli luccicanti della lampadina al soffitto poi con questi si sfila la cappella dalla bocca, me la fa dondolare davanti agli occhi poi se la porta alle labbra e inizia a leccarla, baciarla, succhiarla con risatine squillanti e godute, la tiene per un po’ stretta tra le labbra ciucciandola con arte mentre quella gonfia come se fosse ancora attaccata al cazzo e poi se la rificca in bocca e ci guarda con occhi luccicanti.

“Chissà che avrà voluto dire?” chiede brigante vistosamente eccitato.

“In Germania devono aver tutti tappato gli occhi ai bambini…” risponde ironico Peperone.  

“Quella cappella doveva appartenere a qualcuno quindi da qualche parte ci deve essere un castrato.” continua Peperone poi rimane un attimo incerto a meditare e dice: “Questa maschera da professore tedesco che l’autore mi ha dato non mi piace, preferisco me stesso ma non ricordo più chi sono.”

Brigante ribecca: “Un intellettuale bohemienne sgualcito ed indifferente, la mia mi piace, l’ha proprio azzeccata.”

Svuoto il bicchiere poi guardo nel fondo un moschino che s’è appena affogato in una goccia di vino, lo faccio schizzare via e dopo essermelo riempito e rabboccato gli altri dico: “Il canone è un embrione che cresce, le figure ed i significati non sono mai gli stessi.”

“Come gli attori di un teatro!” declama Brigante,  “non sono mai gli stessi, solo Shakespeare è sempre lui!”

“Hai detto bene, un autore che crea, questo dovrebbe essere l’identità di riferimento, l’abito non ha importanza e neppure Shakespeare. Il castrato in questione sono gli Stati Uniti, la cappella tranciata con il seme migliore i disertori. Sembra il Lem Apollo che si stacca dal missile per andare sulla luna, la figura è utile per il confronto.” 

Sullo squarcio nella guglia appare uno strillone in braghe corte e cappello da sciuscià agitando un giornale e si mette a strillare sguaiato:

“Ehilà, branco di minchioni, state a sentire questa, ultime notizie, edizione straordinaria! Negli Usa gli uccelli sono volati via dalla gabbia, tutti gridano: “L’avrei fatto anch’io!” tutti disertano dal sogno americano, nessuno vuole più fare il serial killer, tutti tengono la testa sul collo!”

Grida ancora ridondando il messaggio e poi  rientra, come il cucù in un orologio dopo aver segnato l’ora.”

“Un gioco rischioso.” Dice Peperone.

“La politica non è affar nostro, la causa non si cura dell’effetto, quando si butta un sasso nell’acqua i cerchi che si creano sono del tutto naturali e si spandono senza bisogno d’aiuto. Il significato si evolve, la super cabala che governa il mondo è obbligata a ripetere sempre la stessa storia cioè a disporre il mondo esattamente com’era all’inizio di ogni ciclo storico in quella storia prediluviana quindi dal presente si può vedere il passato e dal passato il futuro. A guardare il presente si vede un passato incerto.”

“Alludi a Teutoburgo?” chiede Peperone.

“Proprio così, la lingua di quelle legioni si fuse con un'altra lingua ma se a quei tempi le tedesche catturate non parlavano latino vuol dire che la Germania non apparteneva al sistema sociale dei romani.”

Peperone continua: “In questa storia di attendibile c’è solo la versione di Tacito, tutto quel che è scritto nei libri di storia in Germania sono favole ridicole e Tacito scrive che Arminio era cittadino ed ufficiale romano quindi a quei tempi la Germania era compresa nel sistema sociale.”

“È questo il punto, se la Germania parlava romano dove ha preso la lingua che ha adesso? Gli Annali di Tacito dicono quel che la super cabala voleva che si dicesse ridondando la storia di Aristodemo alle Termopili, forse anche quegli spartani furono presi vivi e poi dati per morti. La probabilità non quadra. Dall’analisi dell’attuale si vede che tutta l’Europa, dal Portogallo agli Urali, nonostante le diverse lingue che si parlano ha un unico sistema sociale differenziato solo nei particolari quindi anche allora doveva essere così, forse Teutoburgo non era in Germania oppure questo fatto non è mai avvenuto, è una favola inventata, un a priori Kantiano che si inverte in fenomeno nell’immaginario collettivo condizionando la Germania a ripetere sempre la stessa storia.”

“Eppure Arminio in Germania è considerato l’eroe nazionale, ” dice Peperone,  “non sarà facile estirpare la credenza, soprattutto nei bambini.”

“Questo è un fatto e l’autore lo ha preso in considerazione.  Probabilmente Arminio è stato l’eroe eponimo della Germania nella prima fase di sviluppo della civiltà, quello che portò il getto della fontana dalla prima città formando il primo nucleo di tedeschi e la faccenda di Teutoburgo deve essere avvenuta allora, la super cabala che governa il mondo, ricopiando la storia, ne inverte i significati facendolo apparire un traditore ed i romani nemici..”

“Alludi al Graal che poi passa in Inghilterra formando gli inglesi.” prosegue Brigante. “Comunque il movimento è sempre quello.”

“Le probabilità sono tante, bisogna calcolarle per vedere quella che nella storia attuale ha più peso statistico di essere vera e sono certo che i bambini tedeschi non siano tutti citrulli e creduloni. Anche all’autore da bambino avevano detto che gli uccelli si catturano mettendogli il sale sulla coda ma poi dopo essere stato una settimana in agguato su una pianta, esser riuscito a mettere il sale sulla coda ad un uccello ed aver visto che quello non si faceva prendere ma volava via non ha più creduto a niente. Arminio deriva dall’antica divinità nordica Manno da cui i tedeschi e gli inglesi derivano la parola mann e man che in italiano si traduce uomo, la parola Germania è composta da ger e mani, ger da Gea potrebbe così indicare terra degli uomini ma Mani per i romani erano gli spiriti dei morti e questo ci porta al superman di Nietzsche che diventa un super morto, appunto Zarathustra dalla cui religione è derivata la croce uncinata. In questo caso dalla parola manipolo si può indicare una schiera di soldati morti, i legionari di Teutoburgo, che è appunto la Germania. I tedeschi sono fossilizzati nel nome di Arminio che li rinchiude come in una bara, in questo caso un barone e questo è collegato ai sarcofagi egizi a forma di barca ed al fantasma del barone Rothschild alias Merlino alias Attila. In informatica è come un nome hardware che contiene una forma software.”

“Aspetta, fammi continuare,” dice Peperone, “è la logica di Kant,  nominando a priori vivo il nome di Arminio gli si dà forma nell’immaginario ed in questo modo i corpi dei tedeschi vivi si invertono nel nome di un morto compattando, cioè impietrendo la forma. È la Sfinge! I tedeschi impietriti sono una grossa pietra che in italiano si dice Sassone… tutto sta a non dar peso alle parole, ora capisco perché l’autore nel torneo di bridge mi ha dato la maschera di uno spacciatore rinchiuso in un carcere di Dresda, una prigione sassone.”

“Esatto, un programma informatico che poi viene duplicato in tutto il pianeta. Nella figura si vede che l’autore da bambino aveva l’istinto del cacciatore, questo si collega al film il cacciatore con Deniro, al nostro cousin di New York e forse ad un disertore americano in quella città fantasma in Indocina che l’autore ha intuito in quali guai si deve trovare. Alla fine del film Deniro si pente ed abbassa il fucile rinunciando all’istinto naturale, il cacciatore si trasforma in pecorone. Qualcosa del genere deve essere avvenuta anche in Vietnam.”

“Come la banda di Robin Hood!” sbotta Brigante, “Si nutrivano solo dei cervi cacciati di frodo nella foresta di Sherwood e poi…gli inglesi diventarono pecoroni ma solo nei libri è scritto che erano sassoni. Questo canone, bisogna saltare sui concetti come uccelli sui rami di un albero ma sto cominciando ad ambientarmi.”

Continuo: “Limitiamoci alla sostanza, il significato di Teutoburgo è che un nucleo contenente un sistema sociale con una fusione linguistica, una sintassi latina e l’idea del superuomo viene innestato in Germania e poi fatto crescere.”

Brigante prosegue: “La conseguenza, quella città fantasma nel Vietnam è qualcosa del genere, sembra un ghetto di ebrei, un sistema da tramandare al futuro, potrebbero ammazzare tutti i tedeschi e poi trasferirla in Germania per ricominciare un nuovo ciclo storico col superuomo traditore che fa da barone ed i pecoroni sassoni dentro.”

Le probabilità tendono ai particolari, le richiamo e rilanciandole al generale dico: “Per la precisione un ghetto di ebrei che cambia dollari in una banca facendo da dinamo di raccolta per il capitalismo americano, la cosa impoverisce l’Indocina e ci devono essere tensioni demografiche, la loro espulsione dovrebbe avvenire in modo naturale seguendo il ciclo del ghetto ma non è detto che siano proprio loro a doversi trasferire in Germania, probabilmente, almeno i loro figli, sono destinati all’Asia. Città di morti viventi devono essercene altre, tutte impostate nello stesso modo.”

“Adesso si vede un ghetto di ebrei, potrebbero essere gli uccelli ebrei volati via dalla Germania.” fa osservare Peperone.

“Ebrei o tedeschi disertori? Mosè aveva tradito il faraone per gli ebrei, probabilmente uno e l’altro, potrebbero essere in Israele oppure in Egitto sotto al monte Sinai in attesa che scenda Mosè con le tavole della legge per portarli nella terra promessa, sembra un pallone che sta per scoppiare meglio cambiare direzione.  La causa ha la forma di un effetto la cui causa è precedente nel tempo, la lingua delle legioni prese a Teutoburgo, la figura della sintassi che anima le parole nella nominazione, erano soldati, dovevano parlare il latino con il dialetto dei piemontesi, un linguaggio da caserma, o meglio da Castrum, triviale, sboccato, uno slang come quello di New York.”

Brigante sbotta: “Porco dio! Da bambino non facevo altro che dire parolacce, cazzo figa e chi più ce n’ha più ne metta, dovevi sentire i nobili quando non c’erano i servi, peggio degli scaricatori, Diana poi, cazzo di qui, cazzo di là, aveva sempre il cazzo in bocca.”

“Bestemmie, parolacce, ricordo da bambino quando andavo al paese, al tavolo dove giocavano a carte bestemmiavano come turchi.” continua Peperone,  “ed i figli dei borghesi poi…ancora adesso, una parlata doppia, una gergale ed una convenzionale, Hegel e Kant, proprio come in una caserma.”

“Perfetto, ” dico,  “è un piacere parlare con persone intelligenti.”

“È l’autore che ci mette in bocca le parole, ” ribatte Peperone,  “però potremmo parlare benissimo così, porco dio!”

“E puttana madonna!” conferma Brigante.

 Peperone continua: “Si vede un  linguaggio  gergale che a prescindere dalla forma e pronuncia della parola è comune a tutti i popoli ed a tutte le classi sociali ed uno convenzionale che cambia distinguendo le classi sociali, come gli ufficiali in una caserma.”

“Però, sei intelligente.” gli dice Brigante.

“Checcazzo, vuoi mettere?” ribatte lui. “Comunque, se il presente si riflette dal passato ed a quei tempi si parlava tutti la stessa lingua perché adesso in Europa non è così?”

“All’apparenza, ” rispondo,  “esiste un linguaggio latente che invece è comune a tutti che sembra derivare dall’antico alfabeto di geroglifici egizio, il linguaggio espresso dalle immagini che tutta l’Europa recepisce allo stesso modo inoltre bisogna probabilizzare dall’analisi dei movimenti di opinione che esista un andamento ciclico della lingua italiana che si sposta in Germania a immagine delle legioni di Teutoburgo e che poi venga rigettato con una guerra civile che si allarga a tutta l’Europa e che si risolve con lo sterminio dei tedeschi . Osservando l’attuale la probabilità è che ai tempi di Attila gli unni fossero già in Europa spinti da migrazioni mirate, forse come schiavi e dopo la guerra civile si compattarono con lui ribellandosi e conquistando la Germania. Dovevano parlare una lingua diversa dal latino probabilmente proveniente dall’Asia, i nomi trascendono dalla forma, gli ariani erano unni, i tedeschi maschi erano tutti morti nella guerra civile, furono loro a unirsi con le tedesche, a fondere la lingua nell’attuale ed a trasmettere il sistema basato sugli zingari. Così la probabilità quadra.  

Brigante dice: “La storia inglese dopo Hastings, i sassoni e ed i normanni di William the conqueror si unirono fondendo le lingue, almeno questo lo scrive Scott in Ivanhoe.”

“Non si vede una lingua fusa, ” ribatto,  “ma una lingua con un troncone di cazzo, un cazzo tagliato, potrebbe esserlo anche la lingua, tagliata come il vino, miscelata e poi incollata a quella di Diana. Chissà quanti tagli ci sono, probabilmente tutti collegati alle città fantasma e tutte pettegole, una lingua cazzo, sembra una striscia di informazioni da inserire in un computer.”

Peperone prosegue: “I nomi trascendono da una stessa forma, William the conqueror poteva essere Attila, in questo caso…William e la faccia di Diana sulla sfinge, potrebbe essere allusione al complesso d’Edipo. Applicando la logica di Kant alla psicologia…se è ancora viva potrebbe invidiare Cate che ne ha preso il posto, l’invidia nega la forma trasferendola nell’immaginario ed in questo modo Diana si identifica in Cate nel sogno, sposandosi al figlio. Questo canone è davvero sorprendente.”

“Una pazza, la conoscevo bene!” Ribatte Brigante.

“La logica si applica anche alla neurologia ed alla psicoanalisi,”  continuo,  “Quello che si vede è un effetto e l’effetto non è causa. Il nome forma trascendente cioè il super io è come unire due fili di corrente opposta, l’io negato e l’es di Freud, si crea un corto circuito ed il sistema psichico va in tilt. Io era la vacca di Giove, in questo caso una supervacca, una ninfomane tormentata dalla gelosia di Era. Ci devono essere collegamenti anche con l’autore e lui non è solo un superscopatore ma  anche un poeta e con le parole la sa sbattere meglio che con il cazzo, una lingua cazzo, quello che si vede.”

“Una super puttana, proprio così!” rimbecca Brigante, “ma ora capisco…era condizionata dalla mentalità e l’effetto non è causa. Se devo essere sincero è stato per lei che l’autore mi ha catturato, mi ha fatto rinascere, nonostante tutto Diana mi piaceva e non solo a me, era ribelle come tutti gli inglesi, quello che non piaceva erano i significati che la sua ribellione esprimeva, sembrava un tradimento! Un tradimento, adesso capisco, la figura, il geroglifico, si legge eroina traditrice e si collega all’autista drogato…però…tu l’hai detto, l’autore con le parole può fare quello che vuole, potrebbe essere una trappola per attirarmi e poi…”

Faccio saltare con uno stuzzicadenti un grano di pepe che si era incastrato tra i denti, lo inghiotto e ribatto: “Questo è un fatto e non mi stupisco che tu lo abbia detto, la prudenza è la prima dote di un inglese comunque all’autore frega assolutamente nulla di quel che pensano gli inglesi come qualsiasi altro popolo compresi gli italiani e continuerà sulla sua strada senza accettare scusanti.”

“Un politico perfetto. Comunque le probabilità sono queste, l’autore è come non ci fosse.” Osserva Peperone.

 “Se continuiamo a fare i pettegoli non la finiamo più, guardiamo la figura. L’esistenza di William the conqueror e dei sassoni in Inghilterra è data solo dai libri di storia quindi una probabilità nominale non accertata dall’esperienza, un giudizio a priori. Si possono fare confronti con la storia prima e dopo Hastings, dopo con Enrico VII che sale dalla Francia per i Lancaster, uccide Riccardo III e sposa una York ricomponendo la lite famigliare e mettendo fine alla guerra delle rose, sembrano Romeo e Giulietta che si uniscono nella tomba. Dopo ancora con i francesi che salirono da Dunkerque nella seconda guerra mondiale. Inizialmente la Francia aderì compatta al nazismo come farebbe oggi se si presentasse l’occasione quindi chi erano quei francesi? L’effetto non è causa e in base alla causa si può prevedere il comportamento. Nella seconda guerra mondiale gli unni erano interpretati dagli americani che installarono basi militari in tutta l’Inghilterra, sembra un’occupazione militare, una conquista e al movimento dalla Francia si aggiunge quello dall’America che passa per l’Irlanda.  Prima di Hastings dalle legioni di Giulio Cesare che dopo aver conquistato la Francia con un esercito di galli cisalpini salì in Inghilterra tra i briganti installando una colonia di legionari e prima ancora con l’attraversamento dell’Europa di Ercole il semidio che conduceva una mandria di buoi. Buoi si collega a Boi, una popolazione celtica che in questo modo si collega a Giulio Cesare ed ai legionari che si tirava dietro, probabilmente i soldati da cui discendono i boy inglesi e americani. Forse anche allora, mentre Cesare alias Attila alias William saliva, avvenne un’invasione dall’Irlanda.”

“Il movimento è sempre quello è non è il movimento dei Sassoni dalla Germania.” Fa notare Brigante.

“Comunque sono sempre probabilità nominali apprese dai libri, ipotesi.” Dice Peperone.

“È vero ma queste ci portano al bue ed al castrum, ci deve essere un collegamento con Cuba. Il bue prima di essere castrato era toro, forse Che Ghevara e poi…la figura di un toro si trasferisce su un bue castrato, il nome del Castro, un passaggio solo nominale che avviene negando il Che riflettendosi sull’America che prese origine da Cuba. Toro si collega a Torino quindi al Cottolengo, dal cottolengo all’ospedale di matti del dottor Faust in Lunigiana e per intuito dell’autore agli scozzesi, scoto suona con cutu, il termine dialettale con cui in Piemonte si chiamano i cottolenghi nell’accezione di matti.”

“La figura di un canguro che salta tra le idee!” esclama Brigante, “che centrino anche gli australiani?”

“Chi lo sa? In un manicomio non si può mai dare nulla per certo.”

Scolo un mezzo bicchiere poi sgranocchiando una fetta di pane con una di prosciutto crudo continuo: “Come ariani erano unni i sassoni inglesi potevano essere scoti, sassone è la figura del barone contenente l’idea del superuomo traditore, i nomi trascendono dalla stessa forma, in questo caso la stessa figura e questo ci porta a Scotland Yard, il campo dei cottolenghi, il manicomio, la   cellula clonata dell’ospedale in Lunigiana che viene trasferita a Londra insieme alla banca dei Medici. Questo sta a indicare che gli scoti sassoni non provenivano dalla Germania ma dall’Italia, per la precisione i minatori scozzesi e di riflesso quelli inglesi e gallesi che discendono dai cavatori della Lunigiana, inoltre gli usi e costumi con gonnellino e cornamusa sono gli stessi che ancora oggi si tramandano in Sardegna ed in Grecia che a quei tempi gravitavano nel mondo Etrusco. Nella storia si vede che le pietre che si allontanarono da Casola erano dodici, dodici baroni sassoni contenenti l’idea del superuomo crocefisso,  gli apostoli del Cristo alias dottor Faust che in piemontese si legge falso dottore che è sinonimo di spacciatore.”

“Bene!” esclama Brigante, “vorrà dire che d’ora in avanti mangeremo più bistecche al sangue.”

 Ci deve essere un collegamento anche con Napoleone, prima che tentasse la conquista i nobili francesi avevano lasciato Versailles e si erano trasferiti in Inghilterra.”

Brigante continua: “In questo caso una conquista nominale, un passaggio di idee, i nobili castrati dalla rivoluzione francese sostituirono il toro inglese… quindi Scotland Yard in origine indicava i nobili inglesi, un manicomio di castrati…allora si può capire Diana da quella puttana che… era repressa ed è scoppiata.”

“Esatto, il dottor Faust curava con cristeri d’oppio che facevano sognare i matti, è questo il significato che si sposta da Versailles.”

“Si vede un passaggio dalla Lunigiana a Torino a Versailles a Londra dell’oppio comunque sempre nominale cioè appresa dai libri di cui non si può essere certi.” Fa notare Peperone.

“Allora continuiamo ad osservare la figura.” dico riempiendo i bicchieri che si stanno scolando sempre più velocemente. “La cappella tranciata, il sistema del castrum potrebbe averlo istituito Attila su una struttura precedente dove probabilmente si chiamava Cazzum per la formazione ad ariete che l’esercito assumeva quando doveva sfondare le linee nemiche quindi non essere romano, la parlata del popolo da cui provenivano i soldati separiamola dal linguaggio convenzionale, il linguaggio dei bambini che dicono le parolacce lo conosciamo bene, è il linguaggio universale che gli uomini si tramandano dall’inizio dei tempi  e da filosofi possiamo usarlo come chiave di lettura. La figura di Diana col troncone di cazzo in bocca, il vaso contenente gli spermatozoi congelati da tramandare al futuro si allunga sulla sua lingua, una lingua cazzo che dove tocca feconda, in questo caso spettegola, nelle probabilità si vede un manicomio di malate mentali che credono di essere morte in paradiso assistite da infermieri e dottori travestiti da angeli e ogni tanto appare il primario in apoteosi divina, non parlano come se avessero la lingua tagliata oppure fossero in un convento di clausura, sono tutte ninfomani e pensano solo al cazzo, la figura si tramanda dal passato, l’ospedale del dottor Faust in Lunigiana, la sua castrazione, la crocifissione e la guerra civile che aprì le porte ad Attila.”

“Probabilizzi che Diana sia lì?” Chiede Brigante.

“Chi lo sa? La probabilità deve calcolare l’attrice e l’a priori che si inverte in fenomeno nell’immaginario, la figura di una sepolta due volte, prima in un accampamento di zingari nobili e poi in paradiso come la Beatrice di Dante. Il confronto con l’esperienza è solo letterale.”

Peperone, aprendo la terza bottiglia, dice: “Si tratta di bestiame quindi che c’è da stupirsi?”

Mentre riempie i bicchieri e Brigante affetta il pane continuo: “Resta da chiarire la faccenda del mago Merlino, alias Attila.”

Peperone replica con tono barcollante dall’alcol: “I nomi trascendono dalla forma ma la probabilità deve essere accertata dal confronto con un fatto analogo nell’esperienza, cioè con un fenomeno reale e non con un giudizio a priori.”

Facciamo un brindisi e dopo aver bevuto continuo: “Il confronto c’è, il Quetzalcóatl del Messico. Gli aztechi ne aspettavano il ritorno, Cortes venne scambiato per lui ed il risultato fu che vennero sterminati dalla ribellione degli schiavi e la lingua si fuse con lo spagnolo. La storia è tramandata dai libri e la probabilità va calcolata con le dovute percentuali di incertezza comunque ogni popolo nelle sue credenze, a cominciare dal messia degli ebrei, attende un uomo che segni la fine di un mondo come il Cortes degli aztechi o Attila e questo potrebbe essere il significato tradotto nella leggenda del ritorno del mago Merlino.”

“Una lunga sequenza di nomi…” sospira Peperone alzando il bicchiere, gli occhi lucidi dal vino.”

“Che trascendono dalla stessa forma…” declama Brigante dopo aver ruttato.

“Ci vorrebbe una canna, ” dico,  “per caso ne avete?”

“Se vuoi qualcosa c’è.” Risponde Brigante.

“Allora falla, che aspetti?”

Peperone, sogghignando, dice: “Adesso vediamo come si risolve la figura…quest’autore è davvero geniale se si possiede lo humour per capirlo. ”

Mentre Brigante rolla continuo: “In Inghilterra la leggenda del mago Merlino è molto diffusa, ci sono analogie con Gesù bambino che scopre i suoi poteri miracolosi, con Peter Pan psicopompo come Ermes che accompagna le anime dei bambini morti, con il Gandalf di Tolkien che precipita nell’abisso grigio e risorge bianco e con Harry Potter. La Rowling in Italia non ha avuto molto successo, le storie sono banali e inconcludenti, la struttura del romanzo come un college di storie mal assemblate da altri libri, sembra la produzione degli scrittori copisti dei monasteri medievali che poi danno a pubblicare a prestanome, la sua figura è montata, si legge in una zingara incipriata alla Luigi XIV come Lilli che chiede continuamente l’elemosina per i bambini poveri, gli inglesi devono essere davvero malmessi.”

“Puoi dirlo forte.” Conferma Brigante accendendo la canna,  “ma abbiamo pazienza.”

“In questo i tedeschi non sono da meno.” Conferma Peperone.

Ci passiamo la canna, beviamo e continuo: “Harry Potter suona con Henry Paul, l’autista di Diana trasferendo il significato del mago Merlino su di lui che è collegato all’eroina traditrice. Diana nella pazzia si identifica con Cate nel complesso di Edipo e quindi con William Attila. Questo ci riporta alla storia di Merdino. È  probabile che Attila prima di sostituirlo come aiutante del boia e ricevere la pietra dal dottor Faust sia stato al servizio di Caterina, forse come cocchiere e fosse geloso delle attenzioni che lei rivolgeva a  Merdino.”

Brigante, interessato all’argomento dice: “Una probabilità letterale che si riflette dalla realtà, questo canone…un alfabeto di figure, non è logica, è…”

Non trova la parola e continuo per lui: “Il sillogismo è una regola fissa, una legge universale, assoluta, il canone lo strumento per osservare i movimenti della logica, in questo caso della storia. È probabile che Attila, dopo aver conquistato il mondo, si rinchiudesse nella capanna del dottor Faust alias Cristo di cui in qualche modo si riteneva figlio che i tedeschi durante l’occupazione avevano elevato a guglia gotica e lì facesse il mago interrogando la pietra ricevuta dal padre. Questo si collega all’autore, al computer che usa per scrivere ed alla situazione che ha intorno. Per continuare la storia vuole fregarsene delle probabilità ed osservare solo gli sviluppi dalla causa all’effetto.”

“Quale storia?” chiede Peperone, “in ogni caso nella figura si legge che adesso il significato di Attila è trasferito su William attraverso l’autista drogato di Diana e Attila distrusse l’Europa! Un futuro incerto come il passato.”

Vuotiamo i bicchieri, li fracassiamo a terra e dopo averne riempiti degli altri riprendiamo a bere mentre dico: “È la figura dell’autista drogato che si trasferisce  su William, la gelosia di Diana per l’autore, la figura è perennemente ridondata dalla pubblicità accompagnata da scuse che lo giustificano per la morte di Diana proprio come fanno i teologi cristiani per giustificare il dio onnipotente per la presenza del male.  Si legge un dio pentito di essersi drogato.”

Guardo Brigante ed a bruciapelo gli chiedo: “L’accusavi di averti infognato come fece Adamo con Eva per la mela?”

L’inglese capisce al volo e risponde: “Assolutamente no, l’ho fatto perché così mi andava di fare. A quei tempi c’era Mike Jagger che cantava Brown Sugar ed eravamo tutti curiosi di provare inoltre l’idea di peccare ce lo faceva venir duro al solo pensiero.”

“In questo i tedeschi non sono da meno!” esclama Peperone. “Anzi, noi ci sborravamo addirittura nei pantaloni.”

“Perfetto e questo vale anche per quei disertori in Vietnam. Attila vinse eserciti distrutti dalla guerra civile e popolazioni moribonde per la mancanza di oppio, cioè eroina che a quei tempi era l’unica medicina disponibile mentre a tutt’oggi gli eserciti in Europa sono intatti ed a essere intossicati dall’oppio, cioè dalle medicine, ci sono solo gli anziani e i nobili. La storia ha preso una direzione diversa da come era stata programmata.”

“Capisco perfettamente…” mormora Brigante assorto, “l’overdose dell’autore, morì grigio e risorse bianco trascinandoci e facendoci smettere tutti e scontrandosi con quella macchina si collegò da Torino all’incidente di Diana invertendo la storia, eravamo avviati al risultato, quello era l’unico modo. Ho visto che l’autore ha capito tutto, tu l’hai detto, la causa è toccata ed una volta buttato il sasso le conseguenze non sono affari nostri, ieri non esiste, oggi è oggi e domani chissenefrega… in pratica è quello che ho sempre fatto!”

“Sono d’accordo, il passaggio deve avvenire da Versailles, ci deve essere di mezzo anche un francese che si trasferisce sull’autista di Diana, una figura che probabilmente non è mai esistita  comunque un bue che copre castrandolo quello che veramente gli faceva da autista e da giullare.”

Guardo Brigante e mentre quello fischietta grattandosi i coglioni distratto Peperone dice: “Quindi ci sono due maghi, un Merlino nominale bue ed un Merdino formale toro ed i pezzi di merda si stanno riunendo… il nome che l’autore mi ha dato mi piace, il peperone è un ortaggio forte e piccante, proprio come me.”

“Evitiamo i commenti,” dico, “magi ai tempi di Attila erano i sacerdoti del popolo, indovini come ce ne sono tanti tutt’ora che parlano dalle televisioni, ci doveva essere un’ignoranza ed una credulità oltre misura. L’essenza della politica è il taglio dei papaveri, avete letto Tito Livio? Il canone ha filato un discorso mettendo in luce nuove probabilità, ora possiamo usarlo come una macchina del tempo, andiamo a vedere quel che successe veramente in quell’ ospedale di cattolici in Lunigiana, l’autore è curioso di sapere il motivo per cui il dottor Faust venne castrato.”

Ci ritroviamo ubriachi e fusi in un’astronave finestrata a trecentosessanta gradi al centro di un universo tutto costellato di punti interrogativi e mentre la faccia di Diana sulla sfinge tira un sospiro di sollievo senza smettere di ciucciare la cappella con sviscerata e rinnovata passione nelle nuvole dell’idea si inizia ad intravvedere una casetta bianca tra gli alberi circondata dalle ville pompose dei cottolenghi…

 

Nessun commento:

Posta un commento